A margine della crisi ucraina, forse è tempo di analizzare la specifica situazione dell’Italia, incuneatasi in un tunnel del quale non si vede luce, complice la mala-politica e i cattivi politici che ci ritroviamo. Alla fine della crisi ucraina, l’Italia, insieme alla Germania, (con Ungheria se si guarda in generale il vecchio continente) sarà la grande perdente delle sanzioni alla Russia.  

Sicuramente per poter affrontare al meglio la crisi (economica, sociale e politica) per le quali il nostro Paese dovrà obbligatoriamente passare nei prossimi mesi sarebbe utile valutare e guardare quello che accade fuori dal nostro confine; in un mondo interconnesso e globalizzato non ci sono crisi nazionali, o soluzioni nazionali che non siano connesse da ciò che accade fuori dai confini. Sarebbe oltremodo utile capire quali vie nelle relazioni internazionali, seppur limitate dai vincoli Europei, possono essere intraprese in prospettiva di una ripresa rapida o meno dolorosa possibile.

Oltre alla scomparsa del mercato russo (a dire il vero gia decisamente ridotto in seguito alle prime sanzioni nei confronti della Russia del 2014 ) e all’esplosione dei maggiori costi energetici conseguenti all’aumento strutturale del costo delle materie prime, l’Italia è sottoposta nel breve-medio periodo a due gravissime insidie (per intendersi due inside che si aggiungono a quelle che già conosciamo), che dubito l’attuale governo abbia voglia o capacità di affrontare; questi sono il rialzo dei tassi di interesse, con concreta possibilità di default finanziario, e la destabilizzazione del Mediterraneo meridionale, conseguente appunto alla fiammata dei prezzi delle derrate agricole e dei prodotti energetici e delle materie prime, col concreto rischio di un blackout energetico e di nuove ondate migratorie.

A margine di tutto ciò e grazie a tutto questo sarà la Francia, oltre che l’asse USA e UK, a pretendere interessi nel mediterraneo e ad avanzare come piovra nella penisola. Una azione politica che mira a destabilizzare, appunto anche il vicino tedesco.

Iniziando da alcune considerazioni elementari si evidenzia come negli ultimi due decenni, gli interessi dell’Italia e quelli della Germania in Europa e sui mercati internazionali sono andati spesso a coincidere (ciò non significa che la Germania della merckel abbia fatto il nostro gioco, anzi). Questa convergenza di interessi si proietta anche nel mediterraneo (classico pensare l’Italia quale propensione tedesca nel mediterraneo).

La propensione mediterranea dell’Italia (e della Germania) non trova il favore della Francia e l’asse anglosassone.  Analizzando infatti si nota come, e non per mera coincidenza, qualsiasi iniziativa geopolitica tedesca di una certa rilevanza (Nord Stream e rapporti privilegiati con Russia e Cina) abbia sempre trovato un corrispettivo in Italia (Sud Stream e Nuova via della Seta). Va da se pensare come l’Italia e Germania, avrebbero quindi un chiaro ed evidente interesse a convergere verso gli sfidanti del sistema (Russia e Cina) tanto da potersi affrancare dalla concorrenza delle potenze marittime anglosassoni e della Francia nelle azioni di politica estera nel bacino del mediterraneo.

Questa radicata e profonda dinamica geopolitica spiega perché USA ed UK abbiano assunto, da anni, una postura sempre più ostile nei confronti della Germania (che, infine, è stata costretta a rinunciare al Nord Stream 2 sull’onda della guerra ucraina, dopo aver ricevuto mille pressioni e minacce in questo senso) e dell’Italia (almeno fino all’avvento di Mattarella/Draghi). Per quanto riguarda il paese Tedesco, viene facile pensare come il neo cancelliere purtroppo si stia rivelando un mero “esecutore” di ordini, meno critico della ex cancelliere Merckel.

Tornando al mediterraneo, le politiche di arrendevolezza del nostro paese in questo bacino marittimo e in Libia sono notevolmente incrementate nell’ultimo decennio. Una arrendevolezza che il governo draghi sponsorizza a favore dell’amico Macron e che rischia di non vedere una rapida stabilizzazione della Libia e del governo libico.

Se l’Italia in Libia dovrebbe premere per avere un ruolo di primaria importanza nel processo di stabilizzazione del paese africano non certo soltanto per una mera “ambizione da media potenza” mediterranea. La Libia è sì ex colonia italiana e indubbiamente ci sono dei legami storici che impongo a Roma di tenere alta la guardia su questo paese, evitando quindi di perdere il braccio di ferro innescato in tal senso dalla Francia.

Ma in realtà, oltre a questi aspetti al nostro Paese dovrebbero premere diversi obiettivi ed interessi. Il primo pensiero va ovviamente al petrolio, essendo l’Italia presente con l’Eni in Libia da tanti anni e con diversi stabilimenti. Ma l’oro nero è soltanto un semplice pezzo di un mosaico molto variegato, al cui interno si intreccia la fitta e stretta ragnatela di interconnessioni economiche che lega Roma e Tripoli. L’Italia necessita del petrolio libico. La Libia, a sua volta, ha bisogno della tecnologia italiana. La stabilizzazione della Libia permetterebbe il recupero di oltre 200 milioni di euro di crediti che le aziende italiane hanno nei confronti del governo libico.

Secondo aspetto: La questione immigrazione

Non può mancare, nel novero degli elementi più importanti che impongono all’Italia un ruolo di primaria importanza in Libia, la tematica inerente i flussi di migranti provenienti dalle coste africane. Con la destabilizzazione del paese, stiamo assistendo a una delle maggiori crisi migratorie degli ultimi decenni. Quanto accaduto dal 2011 è sotto gli occhi di tutti. Quello che potrebbe succedere con la crisi economica post Covid e post Ucraina, e l’aumento del costo delle materie prime è tutto in divenire.

L’assenza di uno Stato in grado di controllare il territorio e di imporre una forza coercitiva in tutte le aree di propria pertinenza, genera confusione e caos che facilitano il lavoro dei trafficanti di esseri umani. In Italia il problema degli sbarchi riguarda in principal modo la sicurezza, oltre che il mercato del lavoro e marginalmente anche aspetti sanitari.

Fin qui è storia. Si passi ora all’attualità. Il futuro è adesso.

Il muro tra noi e la Russia alzato dagli angloamericani sull’onda dell’intervento russo in Ucraina, avrà pesantissime ripercussioni per l’Italia ed assesterà il colpo finale all’implosione del sistema-Paese. La perdita del mercato russo l’aumento del prezzo del metano europeo costituisce un gravissimo choc per il sistema economico italiano, già appesantito dalle bollette più care d’Europa. Un Paese come la Francia, nostro vicino e d sempre concorrente in molti settori, dotata di centrali nucleati, avrà gioco facile a spazzare via i produttori italiani in moltissimi settori.

Un altro danno già chiaramente visibile è quello inflitto al settore alimentare. L’Italia, pur eccellendo in termini qualitativi nella produzione alimentare, è del tutto deficitaria in termini quantitativi importando ben oltre il 50 per cento del fabbisogno di grano oltre che la metà del mais e delle carni bovine. Se, come sta avvenendo, le guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia dovessero “congelare” due dei maggiori granai al mondo (nonché, nel caso della Russia, un grande produttore di fertilizzanti) ed innescare una psicosi alimentare a livello il nostro Paese avrebbe serie difficoltà a soddisfare le sue esigenze alimentare.

In ogni caso, dovrebbe acquistare gli stessi prodotti di prima a prezzi superiori del 50 per cento con gravissimo danno per le famiglie, il cui potere d’acquisto è sempre più basso.

Torniamo adesso nel mediterraneo dove dobbiamo eseguire una analisi e valutare appieno i pericoli all’orizzonte. Un’analisi eccessivamente focalizzata sulla penisola non consente, però, di comprendere appieno i pericoli all’orizzonte

Come già___0 detto l’Italia immersa nel Mar Mediterraneo ha la sua politica indissolubilmente legata a ciò che accade in Africa Settentrionale (e nel medio oriente). Questa regione, già prima del Covid, doveva ancora assorbire la vasta destabilizzazione politica condotta da angloamericani e francesi (iniziata con quelle che furono definite le primavere arabe).

Adesso con la crisi ucraina anche nella regione nord africana i prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari hanno subito un incremento esponenziale. Oltre che alle conseguenze dell’azione politica della Russia, e del gigante orientale cinese.  

Il Covid ha peggiorato la situazione, martoriando in particolare un Paese, il Libano, che costituisce una permanente minaccia strategica per Israele. La fortissima impennata attuale del prezzo del grano (unito al rialzo dei prezzi energetici) sarà senza dubbio sfruttata dagli anglosassoni e dai francesi potrebbe condurre una seconda, e più radicale, destabilizzazione del Mediterraneo e del Medio Oriente.

Queste prospettive di aumento della povertà saranno benzina sul fuoco delle piazze arabe. La Libia, che costituiva la riserva energetica strategica dell’Italia, è destabilizzata dal 2011 e da allora non si è mai più ripresa; L’Algeria è, al momento, il secondo grande fornitore di gas del nostro paese. Nel 2011 i tentativi di destabilizzare Algeri andarono a vuoto: tutto lascia supporre che anglo-francesi e americani tornino alla carica nei prossimi mesi e ciò spiega perché l’Algeria stia rafforzando costantemente i legami militari con Russia e Turchia (e Germania). Qualora le potenze anglosassoni dovessero riuscire a gettare l’Algeria nel caos (dopo aver reciso definitamente i legami tra Russia ed Occidente), per l’Italia si concretizzerebbero lo scenario di un vero e proprio blackout, con conseguente paralisi economica.

Quale è la posizione del nostro governo a riguardo? Assente al momento, ma in prospettiva non felice, considerate le prese di posizione di Draghi e del nostro ministro degli esteri nei confronti della Russia e dell’ucraina.

L’Italia senza alcun dubbio ha imboccato un percorso di declino irreversibile simile a quello di altri paesi. il vuoto politico creatosi nel centro del Mediterraneo, è ormai chiaro, sarà colmato dalla Francia con l’assenso anglosassone. Russia e Germania (la cui tenuta economico-sociale sarebbe però messa in forse dall’interruzione delle forniture russe) sono le ultime potenze europee ad avere interesse alla sopravvivenza del Paese.

Cosa fa il nostro governo a riguardo??

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