Il Movimento non si riconosce nell’attuale sistema economico di stampo capitalista e neoliberista.

L’intero mondo occidentale ha scelto tale forma economica per costruire le proprie società ed oggi assistiamo alla parte più feroce della storia capitalista, quella in cui ogni aspetto della vita dell’uomo moderno occidentale è piegato alle logiche del capitale.

Noi, ALTRI per andare oltre, al contrario, abbracciamo idee economiche completamente diverse e all’individualismo preferiamo il socialismo, al denaro preferiamo l’uomo, alla competizione economica preferiamo la solidarietà, al liberismo estremo preferiamo uno statalismo correttivo, al mondialismo preferiamo il sovranismo.

Lo Stato dovrà riappropriarsi della propria sovranità e ridare la libertà ai propri cittadini dai capitali stranieri che governano tutte le istituzioni europee e transnazionali.

Uno Stato, perché possa funzionare correttamente, deve porre un sistema normativo contenuto e comprensibile a tutti i cittadini.

Ovviamente, vedendo il futuro in piena contrapposizione con il presente, il programma politico prevede una enorme pars destruens che serva a ripartire:

  • Riforma Costituzionale in ottica corporativa e organicistica.
  • Annullamento totale per ogni cittadino dei debiti verso lo stato.
  • Annullamento di ogni processo tributario e penale-economico.
  • Riforma del reddito di cittadinanza
  • Riforma dell’intera normativa tributaria e cancellazione dell’IVA (imposta sul valore aggiunto) su tutto il made in italy, turismo, servizi essenziali.
  • Riforma dell’intera normativa sul diritto del lavoro
  • Riforma dell’intera normativa sugli abusi edilizi
  • Rivisitazione dei rapporti con l’UE

Pars Costruens:

Sgombrato il campo dai mali maggiori che hanno caratterizzato gli ultimi anni, il primo obiettivo sarà una ricostruzione totale del sistema normativo lavoristico e tributario che guarderà alla semplicità e alla socialità.

I principi cardine saranno i seguenti:

  • Corporativismo
  • Legalità
  • Meritocrazia
  • Economia reale
  • Dignità

I mezzi per giungere ad una riforma generale saranno i seguenti:

  • Imprese sociali statali dove occupare gli attuali disoccupati e i percettori del reddito di cittadinanza
  • Sviluppo identità digitale
  • Una persona fisica o giuridica – un conto corrente con tassazione automatica
  • Migliore allocazione delle risorse umane ed economiche
  • Espropriazione o locazione espropriativa per terreni inutilizzati
  • Rivisitazione sistema sanitario
  • Obbligo per le multinazionali di aprire sede in Italia per commerciare e tassazione ad hoc
  • Rivisitazione sistema bancario

Gli obiettivi da raggiungere e perseguire i seguenti:

  • Riduzione della dipendenza energetica nel breve periodo e raggiungimento dell’autosufficienza nel lungo periodo, anche tramite una discussione sull’energia nucleare, ove occorresse.
  • Autosufficienza alimentare
  • Armonia sociale
  • Libertà economica
  • Autosussistenza

Il nostro progetto si basa sull’adeguamento della socializzazione alla base di uno Stato che deve abbandonare l’Europa delle banche per tornare ad essere competitivo.

Adeguare la socializzazione significa studiare come si possa inserire la partecipazione dei lavoratori nella gestione e negli utili del tessuto economico, superando la contesa capitale lavoro, sulla falsa riga di quanto sta succedendo in alcuni paesi europei come l’Ungheria e la Germania ed in alcune grandi gruppi economici come la Volkswagen.

Occorre che siano socializzate tutte le imprese di proprietà dello Stato, delle Province e dei Comuni, nonché ogni altra impresa a carattere pubblico e privato.

Alla gestione della impresa socializzata prende parte diretta il lavoro.

Tale rivoluzione deve transitare automaticamente con l’adeguamento della cultura corporativistica alla moderna imprenditoria.

Le società saranno guidate da un consiglio di gestione, formato da un numero di soci che verrà stabilito dallo statuto della società, e di un egual numero di membri eletti fra i lavoratori dell’impresa, operai, impiegati tecnici, impiegati amministrativi. Il consiglio di gestione delle imprese, sulla base di un periodico e sistematico esame degli elementi tecnici, economici e finanziari della gestione delibera su tutte le questioni relative alla vita dell’impresa, all’indirizzo ed allo svolgimento della produzione nel quadro del piano nazionale stabilito dai competenti organi di Stato ed esprime il proprio parere su ogni questione inerente alla disciplina ed alla tutela del lavoro nella impresa.

Gli utili netti delle imprese verranno ripartiti tra il la proprietà ed i lavoratori, operai, impiegati tecnici, impiegati amministrativi, in rapporto all’entità delle remunerazioni percepite nel corso dell’anno.

Né dominio della moneta, né espropri statali: ma armonizzazione degli elementi in un rapporto di condivisione delle responsabilità affinché nessuno si senta depositario del destino dell’impresa.

In un orizzonte dominato dal capitale finanziario, invocare il ritorno al diritto naturale della partecipazione diretta dell’uomo all’opera della sua vita può forse apparire fuori tempo, ma la cosa non deve né spaventare né scoraggiare: se un’idea è giusta lo è a prescindere dalle contingenze epocali in cui si viene a trovare.

Nella società odierna ultraliberista, votata al profitto a tutti i costi e regolata da norme contabili/fiscali inadeguate e vessatorie, la prestazione del lavoratore va spesso solo a vantaggio dell’imprenditore/datore di lavoro e dello Stato.

In questo scenario noi “Altri X Andare Oltre” vogliamo dare enfasi alla Responsabilità Sociale d’Impresa, alla meritocrazia e alla partecipazione attiva del lavoratore alla vita aziendale, facendolo sentire consapevole dei progetti che si realizzano con il suo lavoro e i relativi obiettivi di crescita.

Noi riteniamo che l’imprenditore, con particolare riguardo a quelli della micro, piccola e media impresa, abbia il ruolo fondamentale nella vita sociale di una nazione, in quanto dà la possibilità agli individui della comunità di lavorare.

Gli elementi fondamentali di questo pensiero si basano sulla Dichiarazione Universale dei diritti umani, sulle convenzioni dell’ILO, sulle norme internazionali sui diritti umani e sulle leggi nazionali del lavoro comprese quelle sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

I criteri di comportamento che dovranno essere applicati alla lettera da aziende e organizzazioni che vorranno fare della Responsabilità sociale d’impresa (Rsi) un impegno vero e non solo un atteggiamento “di facciata” sono:

  • L’identikit dell’azienda responsabile socialmente del terzo millennio”.
  • la responsabilità che l’impresa deve assumersi rispetto al suo impatto sulla società e sullo sviluppo, accettando tutti i tipi controlli per verificare l’aderenza ai principi predetti;
  • la trasparenza, in particolare rispetto ai suoi obiettivi di responsabilità sociale e alla provenienza delle risorse finanziarie;
  • l’etica: l’obbligo a comportarsi in modo onesto, rispettando le persone e l’ambiente; il quarto il rispetto di tutte le parti interessate; il quinto il rispetto della legge;
  • il rispetto degli standard di comportamento internazionali e infine dei diritti umani.
  • il rispetto dei «vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali» e dei «principi fondamentali della Costituzione»;
  • l’assicurazione che l’attività economica non arrechi «danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» e non si svolga in «contrasto con l’utilità sociale»;
  • «la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale»;

I grandi potentati economici, le lobby liberal capitalistiche e il liberismo senza regole hanno trasformato gli Stati e i popoli da uomini liberi a fedeli di una nuova religione: “la religione del capitalismo” già teorizzata da filosofi come Weber, Walter Benjamin che hanno profetizzato la rovina degli stati fondati sul capitalismo liberale di Adam Smith.

Oggi sta scricchiolando uno dei dogmi economici degli ultimi anni: quello che vede il capitalismo e la democrazia come due facce della stessa medaglia.

Ecco che assistiamo inermi al crollo della sovranità democratica per mano di un mercato incontrollabile. Ecco che il debito sovrano diventa lo strumento per l’eliminazione della politica che viene sostituita dal potere economico (vedi Draghi e tutti i presidenti del Consiglio che si sono succeduti negli ultimi anni).

Ma assistiamo anche ad un altro fenomeno che sta avanzando: una nuova medaglia con le due facce del Capitalismo e del regime autoritario.

Basta vedere come nell’esperimento cinese il capitalismo si adatti molto meglio ai regimi autoritari.

Noi, ALTRI, siamo convinti che il mercato non può regolarsi da solo, perché abbiamo visto che il risultato sono disoccupazione, licenziamenti, chiusura delle imprese che non ce la fanno così come pure abbiamo assistito al fenomeno di imprese che per sopravvivere trovano l’unica risorsa nella riduzione del costo del lavoro e quindi la chiusura degli stabilimenti in Italia e l’apertura di nuovi stabilimenti in nazioni dove il costo del lavoro e più basso.

E allora c’è una sola via di uscita che è costituita dalla forte e radicale rivoluzione del sistema attuale.

Questo movimento si propone di attuare questa rivoluzione che vede in primo piano il predominio della politica sull’economia, dello Stato sul mercato e la ripresa della sovranità monetaria ed economica almeno fino a quando tutta l’Europa non si adeguerà a logiche diverse da quelle della soggezione al sistema capitalistico imposto dall’America alle banche Europee.

E allora sarà lo Stato a tutelare e a valorizzare le imprese italiane nei mercati. Imprese che sono gestite sia dai lavoratori che da coloro che hanno investito soldi perchè credevano nel progetto.

Sarà lo Stato a impedire la fuga all’estero degli imprenditori italiani e stranieri ogni volta che l’impresa, per dimensioni, finalità e numero dei lavoratori occupati, diventa di interesse nazionale applicando l’art. 43 della Costituzione ampliandone perfino la portata nell’ottica di un principio ineliminabile secondo cui:

NON SONO IL CAPITALE E I SOLDI CHE CREANO IL LAVORO, MA E’ IL LAVORO DELLE PERSONE CHE CREANO SOLDI E CAPITALE.

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